Raja Yoga

Raja Yoga: lo yoga “regale”

Fino a non molti anni fa, chi dichiarava di frequentare un corso di yoga veniva guardato con sospetto, era quasi un diverso… e il diverso ancora oggi fa un po’ “paura”.

I tempi evolvono e dopo la new age è arrivato internet e la globalizzazione, che hanno portato la post new age, l’inclusione, una visione più aperta verso le altre culture, ma al contempo hanno liquefatto quelle regole che salvaguardavano le radici e i principi informatori, che sono stati i pilastri portanti di tutto ciò che si era consolidato nel passato, per arrivare a noi come traccia di un percorso sicuro.

L’eco di rimbalzo è arrivato all’inizio dagli Stati Uniti, molto abili nel cogliere le occasioni del business e che hanno saputo smembrare il complesso mondo dello yoga in varie discipline separate per soddisfare i palati più difficili e meno inclini a novità così complesse.

Da qualche anno il vento è appunto cambiato e il termine “yoga” viene fortemente ancorato come prefisso o suffisso per formare nuove improbabili “etichette”, che propongono attività che devono sembrare una novità, come se ci fosse ancora qualcosa di nuovo da scoprire in una disciplina che si è consolidata nell’esperienza millenaria dell’uomo.

Alcune di queste “etichette” contraddistinguono anche la provenienza culturale di base di chi le propone, facendo emergere che non sempre la radice di riferimento trae nutrimento da quell’humus, da cui si erge in tutto il suo splendore il fior di loto, simbolo indiscusso dello yoga.

Ma allora che cosa è lo Yoga? E che cosa è il Raja Yoga?

Percorso di disciplina del corpo attraverso la mente e della mente attraverso il corpo, per riequilibrare consapevolmente la nostra natura (corpo-mente-spirito) nella ricerca del Sè.
Asana, Bandha, Kirtan, Mantra, Meditazione, Mindfulness, Mudra, Pranayama, Yoga Nidra, sono gli strumenti della nostra Sadhana.

Va da sé perciò che non possiamo esprimerci con la frase “faccio yoga”, ma più consapevolmente dobbiamo dire “pratico yoga”, perché è un percorso olistico che va ben aldilà della sola postura fisica. Il semplice coinvolgimento del corpo e della sua funzione vitale, sono invece contenuti in quella parte dello yoga, definita in testi della tradizione molto più recenti, Hatha Yoga.

Patanjali, il filosofo indiano che diede sistematizzazione alla tradizione mistica per renderla un sistema filosofico, ci ha tramandato, attraverso la sua opera “Yoga Sutra” (aforismi dello yoga), la disciplina nella sua versione integrale, che nella lingua sanscrita (devanagari) è chiamata Raja Yoga (yoga regale).

Sarà perciò nostra cura percorrere i passi indicati da Patanjali, senza la presunzione di saperli dominare tutti, ma con la profonda consapevolezza del sadhana, che deve coinvolgere la nostra pratica.

Gli incontri di Raja Yoga devono perciò affrontare gli otto anga proposti da Patanjali: Yama eNiyama, principi informatori di disciplina personale e relazionale, che caratterizzano anche altre culture. Asana, posture che devono diventare stabili e confortevoli, per permettere al praticante di raggiungere più facilmente l’espansione della coscienza. Pranayama, estensione e controllo del flusso pranico, il flusso vitale del corpo yogico. Pratyahara, ritrazione dei sensi dal mondo circostante, intesa non come isolamento, ma come diverso stato di percezione, dove quella sensoriale lascia il posto alla percezione di coscienza.Dharana, concentrazione. La coscienza viene fissata su un punto, una regione, una parte. Dhyana, contemplazione profonda. Lo stato in cui il flusso della concentrazione è intenso, stabile, senza interruzione, pur rimanendo vigile la consapevolezza. A volte indicata erroneamente come “meditazione”. Samadhi, lo stato in cui il soggetto e l’oggetto della meditazione diventano un tutt’uno. L’oggetto appare come soggetto. Si perde la consapevolezza di sé. La coscienza viene assorbita nel sé.

Non resta dunque che assumere la consapevolezza di voler intraprendere quel cammino, che sarà arricchito anche dalla recita o canto dei Mantra e da pratiche di Yoga Nidra, tracciato e calpestato nei millenni da tutti quei ricercatori che erano accomunati da un unico scopo: l’espansione della coscienza e l’evoluzione del sé.

Lunedì e Mercoledì
dalle 14:30 alle 16:00

Uberto Bellini

Uberto Bellini, pratica Yoga dal 1982. Ha frequentato diverse scuole, rimanendo comunque vicino ai principi ispiratori della FIY, di cui è sempre stato appartenente.

Lo Yoga che diffonde si riallaccia alla disciplina che si colloca nel solco della tradizione Himalayana. 
Fondatore a Rimini dell’ Associazione Culturale “ANGA YOGA”, insegna a rapportarsi agli anga (elementi costitutivi) dello Yoga con la consapevolezza necessaria al raggiungimento dell’equilibrio fisico, mentale, emozionale, fondamento della crescita personale.
Il suo principio ispiratore è quello di Swami Sivananda che afferma: “Vale più un grammo di pratica, che tonnellate di parole”.
Il suo motto è: “Se gli asana non son per tutti, lo Yoga è per tutti”.

Il suo aforisma é: “Nell’ immobilità trova senso l’esperienza del dinamismo”.

WhatsApp chat